17 luglio 2021, 21:45
@ Arena Puccini

La voce umana | Un divano a Tunisi

Arena Puccini

La voce umana
di Pedro Almodóvar, USA-Spagna/2020, 30’
con Tilda Swinton, Augustin Almodóvar, Miguel Almodóvar


Una donna guarda passare il tempo accanto alle valigie del suo ex-amante e a un cane irrequieto. Due esseri viventi affrontano l'abbandono in tre giorni pieni di attesa. The Human Voice è una lezione morale sul desiderio, sul rischio connaturato all’amare e al vivere.


“Presentato fuori competizione a Venezia77, The Human Voice, il cortometraggio del regista spagnolo Pedro Almodovar con protagonista assoluta Tilda Swinton, è un piccolo gioiello. L'attrice, Leone d'Oro alla carriera proprio durante il gala di apertura di questa edizione, si misura con un testo liberamente tratto dalla pièce di Jean Cocteau che ad Almodovar aveva già ispirato Donne sull’orlo di una crisi di nervi. Prima direzione in lingua inglese per il regista e debutto di una collaborazione artistica, quella con l'attrice scozzese, che avrà sicuramente un seguito. L'adattamento di Cocteau realizzato da Almodovar contiene intere parti riscritte al fine di renderne il significato più contemporaneo e il risultato è un melodramma spassoso, oltre che lo specchio (seppur deformante) in cui chiunque abbia conosciuto il delirio amoroso potrà vedersi riflesso.”

Serena Nannelli, “Il Giornale”

“Grande, grandissimo Pedro Almodóvar. Purtroppo fuori concorso, dimostra a tutti i registi presenti e futuri, professionisti e dilettanti, cos’è una regia degna del nome. La voix humaine è un monologo scritto da Jean Cocteau nel 1930, per l’attrice Berthe Bovy. Diventato negli anni tappa obbligata per varie categorie. Le attrici famose universalmente riconosciute per il loro talento drammatico. Le aspiranti attrici che incuranti dei propri mezzi lo imparano per il provino alla scuola di teatro. Le bellissime o ex bellissime che vogliono essere prese sul serio lanciandosi senza rete. Le attrici sul viale del tramonto, che con un divano e un telefono risolvono i problemi produttivi. La donna che si dispera al telefono per l’abbandono dell’amante ha sempre il suo pubblico. L’accumulo ha fatto diventare La voce umana – anche per la storica interpretazione di Anna Magnani da tutte imitata, scialle all’uncinetto e capelli che non conoscono spazzola – un monologo antipatico. Fino all’altro ieri. Ieri è arrivato Pedro Almodóvar e ha fatto pulizia.”

Mariarosa Mancuso, “Il Foglio”

Un divano a Tunisi
di Manele Labidi Labbé, Tunisia-Francia/2020, 87’
con Golshifteh Farahani, Majd Mastoura Mastoura, Aïsha Ben Miled


Selma Derwich, psicanalista trentacinquenne, lascia Parigi per aprire uno studio nella periferia di Tunisi, dov'è cresciuta. Ottimista sulla missione, sdraiare sul lettino i suoi connazionali e rimetterli al mondo all'indomani della rivoluzione, Selma deve scontrarsi con la diffidenza locale, l’amministrazione indolente e un poliziotto troppo zelante che la boicotta. A Tunisi, dove la gente si confessa nelle vasche dell'hammam o sotto il casco del parrucchiere, Selma offre una terza via, un luogo protetto per prendersi cura di sé e prendere il polso della città.


“Realizzatrice francese di origine tunisina, Manele Labidi ritrova le sue radici attraverso l'epopea di Selma, eroina scapigliata in bilico tra due culture. Disorientata come la sua psicanalista davanti a un paese in mutazione, la regista sceglie la commedia e si confronta con le barriere culturali di una comunità che si dimostra scettica verso la pratica analitica. La prima qualità di Un divano a Tunisi è proprio la scelta di affrontare il suo soggetto col sorriso. Manele Labidi comprende tutto il potenziale comico della situazione e la dimensione assurda di una società schizofrenica che rifiuta un aiuto psicologico. La comicità affiora a ogni seduta, provocando scene esilaranti e collezionando una galleria di ritratti irresistibili. (…) Tutti vogliono un posto al sole e sul lettino di Selma, che diventa il teatro di eccessi comici ma anche di momenti malinconici e interrogativi esistenziali. Perché contro la legge del silenzio, Selma ascolta. Ascolta passare sul divano del titolo i malesseri di una società intera combattuta tra tradizioni religiose e bisogno di parlare per ricostruirsi. Dall'altra parte del divano e con la benedizione di Freud, sonda l'inconscio di un Paese e dissolve lo spleen che annebbia la sua vita. (…) Attraverso le risorse comiche, la regista traccia un affresco sociale efficace. La finzione flirta col documentario, disegnando un Paese in piena ricostruzione (sociale, politica, economica) e filmando un tragitto esistenziale verso la verità e la conoscenza di sé. E la forza metalinguistica del film fa bene (anche) allo spettatore che guarda avanzare Golshifteh Farahani radiosa nei suoi jeans e dentro una canzone di Mina ("Città vuota"). L'attrice franco-iraniana aggiunge al suo carnet un altro ruolo di resistente. Un ruolo a sua immagine che conferma la coerenza delle sue scelte. Commedia terapeutica, che 'scambia' Freud per un fratello musulmano, Un divano a Tunisi soffia un vento di speranza, la primavera araba è appena (ri)cominciata.”

Marzia Gandolfi, “Mymovies.it”