2 luglio 2021, 21:45
@ Piazza Maggiore e LunettArena

La banda degli onesti

(Italia/1956) di Camillo Mastrocinque (108') | restauri italiani

Regia: Camillo Mastrocinque. Soggetto e sceneggiatura: Age e Scarpelli. Fotografia: Mario Fioretti. Montaggio: Gisa Radicchi Levi. Scenografia: Alberto Boccianti. Musica: Alessandro Cicognini. Interpreti: Totò (Antonio Bonocore), Peppino De Filippo (Giuseppe Lo Turco), Giacomo Furia (Felice Cardoni), Gabriele Tinti (Michele Bonocore), Giulia Rubini (Marcella Lo Turco), Anita Ciarli (la madre di Antonio), Yoka Berretty (Marlene), Nando Bruno (il maresciallo Denti). Produzione: Isidoro Broggi e Renato Libassi per DDL. Durata: 108’
Copia proveniente da Cineteca di Bologna per concessione di Compass Film

Serata sostenuta da Eridania

Nato come variante, appena più ambiziosa e malinconica, del classico ‘film di Totò’, La banda degli onesti è una delle fondamentali tappe di maturazione della commediola d’impronta neorealistica, in procinto di trasformarsi in commedia all’italiana. Scritto da Age e Scarpelli inaugurando atmosfere e ibridazioni che porteranno due anni dopo a I soliti ignoti di Mario Monicelli, il film intreccia al divertimento una garbata polemica sociale, segnala la coeva delusione per un’Italia sempre sotto il tallone del profittatore e intercetta l’ansia di un nuovo benessere (il boom economico è a un passo), lasciando il giusto spazio ai siparietti comici e senza dimenticare l’abituale sotto-plot sentimentale […]. Al centro, un’umanità minore vessata dai ricchi e dai prepotenti tenta di coalizzarsi in una velleitaria rivincita facendo propri i metodi scorretti dei suoi persecutori, ma senza riuscirci per eccesso di onestà. […]
È in fondo a Totò che va riconosciuta, con Age e Scarpelli, la paternità dell’opera; non solo perché La banda degli onesti è uno dei primi progetti della DDL, casa di produzione fondata proprio dall’attore, ma anche perché è la sua vis comica ad avere ragione di tutto, a volte anche della stessa sceneggiatura, prima creando con pochi tocchi ‒ una sciarpa stinta e un’andatura claudicante ‒ una nuova abile caratterizzazione, e poi riconducendo l’attenzione dello spettatore al gusto momentaneo della risata liberatoria, del qui pro quo fantasioso, della smorfia surreale, trasformando qua e là l’umorismo in comicità, l’apologo in farsa. Il film va ricordato anche come la prima compiuta collaborazione fra Totò e Peppino De Filippo, duo comico straordinariamente complementare, con la messa a fuoco di almeno due meccanismi della coppia, la sistematica distruzione fisica da parte di Totò del partner e l’altrettanto inesorabile demolizione del suo cognome (che da Lo Turco viene qui declinato in eccentriche storpiature). L’eccezionale alchimia della coppia avrebbe originato nello stesso anno i più disimpegnati Totò, Peppino e… la malafemmina e Totò, Peppino e i fuorilegge, sempre per la regia di Mastrocinque, primi capitoli di un filone intitolato ai due attori.

Alberto Anile

Succedeva che prima di ogni scena Totò convocasse Peppino e me in un angolo del set, e lì, come costumava ai tempi della commedia dell’arte, uno diceva una cosa, uno un’altra e si inventavano delle gag fuori dal copione. Quindi al ciak ognuno dava un ulteriore contributo personale così come gli veniva in mente. L’idea, per esempio, di velocizzare la sequenza dei soldi la ebbe Totò lì per lì. Sbaglia, però, chi definisce Peppino la spalla di Totò, perché Totò era un grande comico e Peppino era un grande attore comico. E tra una dote e l’altra corre una bella differenza.

Giacomo Furia

Restauro
2021
Restaurato da Fondazione Cineteca di Bologna, in collaborazione con Compass Film, presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata, con il sostegno di MiC


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