13 luglio 2021, 21:45
@ Piazza Maggiore e LunettArena

Febbre da cavallo

(Italia/1976) di Steno (94') | Introduce lo sceneggiatore Enrico Vanzina

Regia: Steno. Soggetto: Massimo Patrizi. Sceneggiatura: Steno, Alfredo Giannetti, Enrico Vanzina. Fotografia: Emilio Loffredo. Montaggio: Raimondo Crociani. Scenografia: Franco Bottari. Musica: Franco Bixio, Fabio Frizzi, Vince Tempera. Interpreti: Gigi Proietti (Bruno Fioretti, ‘Mandrake’), Enrico Montesano (Armandino Felici, ‘Pomata’), Catherine Spaak (Gabriella), Francesco De Rosa (Felice Rovesi), Mario Carotenuto (avv. De Marchis), Maria Teresa Albani (Mafalda, la cartomante), Gigi Ballista (conte Dell’Ara), Adolfo Celi (presidente del tribunale). Produzione: Euro International Films, Primex. Durata: 100’
Copia proveniente da Cineteca di Bologna per concessione di Compass Film. Restaurato da Cineteca di Bologna, in collaborazione con Compass Film con il contributo di MiC, presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata

Il primo Febbre da cavallo, titolo inventato da mio padre Steno, nasce da un soggetto di Massimo Patrizi e da una prima sceneggiatura di Alfredo Giannetti. Il regista del film doveva essere Nanni Loy. Non ricordo perché Loy passò la mano, fatto sta che il produttore Infascelli, in un secondo momento, decise di affidare il film a mio padre con il quale aveva già realizzato La polizia ringrazia, un grande successo di allora. Steno non conosceva affatto il mondo delle corse dei cavalli e degli scommettitori ippici. Sapendo che io, da ragazzo, avevo frequentato assiduamente gli ippodromi insieme al mio amico Andrea Giubilo, della dinastia dei famosi giornalisti sportivi, mi chiese di aiutarlo a riscrivere la sceneggiatura di Giannetti. Avevo, da poco, iniziato la mia carriera di sceneggiatore, con mio fratello Carlo e Alberto Lattuada. Quell’occasione fu per me la definitiva conferma professionale. Lavorai insieme a Steno e trasformammo il copione iniziale in quello che, poi, diventò un vero e proprio piccolo classico del cinema comico italiano.

Enrico Vanzina

Mandrake ha una storia incredibile: nel 1976 uscì Febbre da cavallo di Steno, dove io ero uno squinternato scommettitore che viveva di espedienti, un film che non andò al di là di un discreto consenso di pubblico. Poi, fu venduto a centinaia di televisioni private che cominciarono a trasmetterlo a raffica e così, senza che ce ne accorgessimo, diventò una specie di icona. Scoprimmo, per esempio, che a Roma era nato ‘Il club dei febbristi’.

Gigi Proietti

Quando mi proposero Febbre da cavallo accettai subito, mi erano piaciuti il personaggio e la storia. Il ricordo più forte è quello della scena in cui io e Gigi litighiamo, io inizio a tirargli i piatti, poi saltiamo sul letto, sempre più su, sempre più su finché lui ha sfondato il sottotetto, abbiamo fatto un buco sul soffitto. Mi pareva di morire dal ridere. Quel momento è emblematico del modo in cui si lavorava a quei tempi, soprattutto con lui che era scatenato: non c’erano limiti. Quando si girava si poteva fare qualsiasi cosa, era capace di inventarsi una cosa all'ultimo momento e farla, pur restando attento ai dialoghi. Gigi aggiungeva qualcosa all’improvviso che regalava freschezza e divertimento. Se giri una commedia e l’attore si diverte riesce a divertire il pubblico. C’era grande complicità e allegria, non ricordo che Steno desse a noi indicazioni, sapevamo il testo della scena ma non ha mai detto né a me o Gigi qui “dovresti fare questo o altro”, era contento fin dal primo ciak. Nella scena del litigio ho mollato schiaffi potenti e Gigi era contentissimo, aiutavano la sua mimica, il suo chiamarmi “Passerotto”, fingendo che tutto andasse bene... dal primo schiaffo si entrava nel personaggio e si era concentrati, gli schiaffi sono schiaffi. Poi dopo lo stop ci buttavamo per terra dalle risate.

Catherine Spaak

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