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Bologna Estate racconta #3_2025

Intervista a Josef Hergenröther (Osteria Sociale La Tiz) e Tommaso Ussardi (Senzaspine) 

L’estate di Villa Pini a suon di musica, inclusione e convivialità

Nel cuore del Quartiere San Donato-San Vitale, il Parco Spiraglio è uno spazio di cultura, inclusione e partecipazione per Bologna Estate, grazie alla sinergia tra la Cooperativa Sociale IT2, da tempo attiva con l’Osteria Sociale La Tiz, e l’Associazione Senzaspine, che dopo il trasferimento dalla storica sede di via San Donato ha trovato in Villa Pini una nuova casa per le proprie attività musicali e sociali.

Da questa collaborazione nasce una programmazione estiva condivisa, che unisce due rassegne – Work Revolution Festival e Villa Pini Summer Vibes – in un unico cartellone culturale, attivo fino al 7 agosto . Un intreccio di concerti, danze popolari, karaoke, lezioni di swing e tango, che trasforma ogni sera il parco in uno spazio abitato dalla comunità, dove musica, relazioni e convivialità si fondono in una proposta accessibile, trasversale e radicata nel territorio.

A scandire il ritmo di luglio, un calendario che alterna appuntamenti fissi e concerti live: IT2 apre e chiude il mese con due serate simboliche – l’energia acustica degli Unplugged Project il 4 luglio e la nostalgia pop di Generazione 883 il 19. Nel mezzo, la proposta musicale curata da Senzaspine attraversa registri differenti: dal forrò e samba di Clepto cantautorão, al funky dei Funking Bastards, passando per l’ibridazione swing-valzer musette e ritmi gitani dei Malamanouche, fino al cantautorato rock degli Attatototo. Un mosaico di suoni e contaminazioni che racconta la vocazione inclusiva della rassegna.

Abbiamo incontrato Josef Michael Hergenröther, responsabile del settore produttivo di IT2, e Tommaso Ussardi, direttore artistico di Senzaspine, per approfondire il senso di questa alleanza e scoprire come la cultura possa diventare strumento concreto di rigenerazione urbana.

 

Josef, il Work Revolution Festival è una “rivoluzione del lavoro” fatta di relazioni, musica, cura e quotidianità. Come nasce l’idea di coniugare cultura, socialità e inclusione nel contesto di un’osteria?
Josef: L’Osteria Sociale La Tiz è già di per sé un luogo in cui lavoro, inclusione e relazioni convivono ogni giorno: persone con fragilità si mettono in gioco, imparano, lavorano insieme, e nel frattempo accolgono la comunità.

Work Revolution, prima che un festival, è il concetto che rappresenta e definisce Cooperativa Sociale IT2. La parola revolution contiene love, e per noi questa non è una coincidenza: la nostra è una rivoluzione fatta di amore per le persone, per il territorio e per il futuro che vogliamo costruire insieme. 

Con il Work Revolution Festival trasformiamo lo spazio dell’Osteria in un luogo di cultura e partecipazione, dove musica, incontri e convivialità raccontano il valore del lavoro “differente”, quello che include, che accoglie, che dà dignità. 

 

Il Work Revolution Festival si intreccia con Villa Pini Summer Vibes dei Senzaspine. Cosa cambia grazie a questa sinergia?
Josef: Con questa collaborazione il Work Revolution Festival ha fatto un salto di qualità importante, sia in termini di visibilità che di proposta culturale. L’incontro con i Senzaspine, realtà che condivide con noi una visione inclusiva e partecipata della cultura, ha permesso di arricchire il festival con nuovi linguaggi artistici, una programmazione musicale più ampia e momenti di aggregazione ancora più coinvolgenti.

La sinergia con Villa Pini Summer Vibes ci ha aiutato a creare ponti tra mondi diversi: quello della musica, quello della socialità, quello del lavoro sociale. Abbiamo unito competenze, pubblico e risorse per dare vita a una rassegna che non è solo una festa, ma un vero e proprio spazio di trasformazione. 

 

Tommaso, il programma di luglio di Villa Pini Summer Vibes è ricco e variegato: dal funk allo swing, dal cantautorato rock padano alla musica popolare, dal Karaoke alle lezioni di tango. Come avete lavorato per mantenere una coerenza d’insieme nella rassegna?
Tommaso: Il lavoro di co-progettazione è stato costante: ci siamo ascoltati molto, abbiamo cercato di valorizzare le specificità di ogni realtà senza perdere di vista il senso complessivo della rassegna. Far convivere esigenze diverse – tecniche, artistiche, organizzative – in uno spazio che stiamo ancora imparando ad abitare non è facile, ma per il momento la rassegna sta andando molto bene e di questo ne siamo contenti. Costruire una proposta che tiene insieme tanti generi musicali, pubblici e linguaggi differenti è sempre stato il nostro mood, ci piace uscire dalle etichette e creare cortocircuiti che permettano di conquistare una socialità trasversale e dove il famoso “target” sia il più esteso ed eterogeneo possibile. 

 

Tutti i martedì proponete il karaoke, Intrattenimento di origine giapponese, da sempre considerato una forma di socialità inclusiva e partecipativa. Cosa vi ha spinto a proporlo all’interno della rassegna e qual è la reazione del pubblico?
Tommaso: Non solo abbassa le barriere tra palco e pubblico ma le annulla, tutti diventano “artisti” ed è sempre un grande momento di socialità e di condivisione di quella che possiamo definire una bellezza “imperfetta”. Ma il karaoke è anche momento terapeutico, di sfogo, di crescita, un atto di coraggio, di attivismo, una pratica che restituisce alla musica una dimensione totalmente comunitaria, abbassando le aspettative o quegli standard che purtroppo non hanno fatto altro che allontanare le persone dalla partecipazione attiva. 

 

Il quartetto Giulia & Malamanouche porta sul palco il 12 luglio un repertorio raffinato che fonde jazz manouche, bossa nova, klezmer e swing in una formula coinvolgente e suggestiva. Cosa vi ha colpito di questo progetto e in che modo si inserisce nella vostra visione di una rassegna che punta sull’ibridazione dei linguaggi musicali?
Tommaso: Conosco da tempo il progetto e i musicisti che lo animano e la capacità che li contraddistingue di fondere linguaggi molto diversi in un unico suono coerente e coinvolgente. Questo tipo di ibridazione musicale rappresenta bene il nostro approccio: la musica come insieme di tecnica, virtuosismo, gusto, energia, divertimento, con un piede nella tradizione “classica” e l’altro nella contemporaneità più popolare che rende il tutto accessibile e sorprendente. 

 

Josef, la dimensione del “parco” e dello spazio all’aperto è centrale in questa rassegna. Questo ambiente come dialoga con il contesto urbano circostante?
Josef: Il parco è parte viva e attiva del progetto, un luogo abitato, vissuto e riconosciuto dalla comunità.
Organizzare eventi all’aperto, accessibili e gratuiti, significa proprio questo: restituire uno spazio pubblico alla cittadinanza, renderlo accogliente, sicuro, condiviso.
Il legame con il territorio è fondamentale: lavoriamo in dialogo con il quartiere, con le persone che ci passano davanti, con chi vive il parco e con chi ci sceglie per mangiare o partecipare a un evento. La gratuità degli eventi non è solo una scelta economica, ma sociale: vogliamo abbattere barriere, costruire ponti e far sì che la cultura, la musica e l’inclusione siano davvero per tutti. Radicarci nel quartiere significa prenderci cura, giorno dopo giorno, dello spazio in cui viviamo e delle relazioni che lo animano. La nostra rivoluzione parte da qui: dal prendersi la responsabilità di un luogo, e trasformarlo insieme.

 

Entrambe le vostre realtà portano avanti un'idea forte di inclusione, cosa significa per voi “inclusione” e come si traduce concretamente nel vostro lavoro quotidiano?
Tommaso: Senzaspine è sinonimo di accessibilità, sono 12 anni che lavoriamo per individuare e togliere tutte quelle spine che allontanano le persone dalle “cose”, siano esse Musica classica, Arte e Cultura, ma anche luoghi, spazi e ambienti,  sia in termini di fruizione ma anche lavorativi. Sicuramente il contatto quotidiano con La Tiz, con le loro comunità e con il loro lavoro è per noi motivo di grande crescita, di scoperta e di comprensione e siamo davvero felici di questa convivenza.
Josef: Per noi inclusione è molto più di una parola: è un impegno concreto che mette al centro la persona, con le sue potenzialità e le sue sfide. È un processo attivo, che richiede ascolto, pazienza e collaborazione, per trasformare la società in un luogo più equo e solidale. La convivenza con Senzaspine è per noi molto preziosa e stimolante, ci accomuna la volontà di abbattere barriere – sociali, culturali, economiche – per creare spazi dove tutti possano esprimersi e partecipare pienamente, dove ogni persona si possa sentire parte di una comunità, con dignità e responsabilità.

 

Qual è per voi il ruolo della cultura – intesa anche come musica, cibo e socialità – nella costruzione di una città più equa, accogliente e partecipativa?
Tommaso: Bisogna creare cultura per essere cultura, ovvero trasmettere nelle persone un bisogno quasi “inconscio” di bellezza, socialità, scambio, relazione, comunità, il famoso “star bene”, in semplicità, senza pregiudizi, né discriminazioni, quello che noi definiamo Senzaspine! Quando i progetti  culturali riescono a radicarsi nei territori, diventano leva di emancipazione e motore di trasformazione sociale. Una città equa non è solo una città che “offre” o peggio ancora “vende” cultura, ma una città che la cultura la fa sgorgare dal basso, senza manie di controllo, rendendola un vero strumento di democrazia quotidiana per tutte le generazioni.
Josef: La cultura è uno degli strumenti più potenti per costruire una città giusta, inclusiva e viva. Non parliamo solo di arte o intrattenimento, ma di cultura come esperienza condivisa , come occasione di incontro, come possibilità di guardare l’altro con occhi differenti. Musica, cibo e socialità sono linguaggi universali che creano connessioni e rendono visibile l’inclusione. La cultura ha il potere di cambiare immaginari, di scardinare pregiudizi, di generare senso di appartenenza. In una città che vuole essere davvero equa e partecipativa, la cultura deve scendere nei quartieri, nei parchi, nei piatti, nelle relazioni. Deve farsi vita comune. È questo il tipo di rivoluzione che vogliamo portare avanti per essere il cambiamento che fa la differenza.

 

Laura Bessega per Bologna Estate