copertina di Animali Selvatici
13 luglio 2023, 21:45
@ Arena Puccini

Animali Selvatici

(R.M.N., Romania-Francia-Belgio-Svezia/2023) di Cristian Mungiu (125') | Arena Puccini 2023

Animali Selvatici

Regia: Cristian Mungiu

Interpreti: Marin Grigore, Judith State, Macrina Bârlădeanu, Orsolya Moldován, Andrei Finți, Mark Blenyesi, Ovidiu Crișan

Origine e produzione: Romania, Francia, Svezia / Cristian Mungiu, Mobra Films, Why Not Productions, France 3 Cinéma, Filmgate Films, Film i Väst, Les Films du Fleuve

Durata: 125’ 

Una riflessione sulla storia della Romania attraverso l'incontro con le comunità che ne fanno parte: rumena, ungherese, moldava. Un uomo rientrato a casa dall'estero per Natale ritrova un paese immerso nella paura irrazionale e immotivata verso lo straniero, pronto a esplodere in una rabbia senza controllo.

“Si parlano tante lingue nel piccolo villaggio della Transilvania in cui è ambientato Animali Selvatici. Il rumeno, ovviamente, ma anche l’ungherese e il tedesco. Persino il francese, segno storico della cultura occidentale più influente, e l’inglese, la lingua globale per eccellenza. Tutti sembrano capirsi, riuscire a passare con naturalezza da una grammatica all’altra. Come se si fosse realizzata l’utopia della reciproca comprensione, in una rinnovata unità delle genti. Ma è solo un’impressione. Ogni sintassi ha le sue ragioni e le sue regole. E le differenze hanno un prezzo, sono implacabili. Dire “ti amo” in rumeno ha ben altro valore che dirlo in ungherese o in inglese. Dovrebbe significare una presenza più consapevole, un’adesione più piena alla verità dei propri sentimenti. Perché esiste una lingua del cuore, che non ammette traduzioni. Per questo, la scena in cui Csilla chiede al silenzioso e spaesato Matthias di dichiarare i suoi sentimenti è emblematica. I due, pur giocando con gli “I love you”, non trovano la lingua comune. Del resto, lei è di origine ungherese, lui tedesca. Potrebbe sembrare ben poca distanza a uno spirito comunitario. Ma su ogni punto di giunzione basta un niente per aprire una fattura.
Il discorso linguistico di Mungiu, anche nell’apparente indifferenza di tono, è cristallino. Emblematico, appunto. Perché il suo cinema va sempre in cerca dell’esemplare, del momento in cui il particolare e il generale coincidono. In cui i comportamenti dei singoli, persino microscopici, sono lo specchio esatto di determinate dinamiche sociali e politiche. Così da raccontare l’essenza profonda di un paese.
Qui Mungiu si sposta in Transilvania, in un piccolo villaggio in cui vivono fianco a fianco comunità di varia origine, ognuna con i suoi riti e usi. Rumeni, certo, ma anche magiari e tedeschi. Senza contare i rom, marchiati  a fuoco dalla diffidenza generale e storicamente costretti alla diaspora: il segno più evidente e drammatico di quanto, in realtà, la pace sia tormentata da odi antichi, rivalità solo assopite, pronte a riemergere e a esplodere. E, in effetti, la situazione degenera quando in paese arrivano dei lavoratori dallo Sri Lanka, assunti da un’azienda di prodotti alimentari con finanziamenti dell’Unione Europea. La rabbia monta e la comunità si ribella contro gli invasori venuti a rubare il lavoro, a portare malattie e barbare credenze.”

Aldo Spiniello, Sentieri Selvaggi