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Bologna Estate racconta #2_2025

 Intervista a Lorenzo Burlando (Le Serre d’Estate) e Mario Coccetti (ZED Festival)

Il festival internazionale di videodanza nella programmazione della storica rassegna di Kilowatt alle Serre dei Giardini Margherita

Le Serre dei Giardini Margherita, con la rassegna Le Serre d'Estate, rappresentano uno dei luoghi più innovativi e sperimentali della cultura dell’estate bolognese. Si spazia dalla musica al cinema, dalla letteratura alla danza, con una programmazione multidisciplinare e accessibile che con ZED Festival internazionale di videodanza, tra schermi reali e danzatori virtuali, porta produzioni innovative di videodanza e danza XR, rompendo i confini tradizionali dello spettacolo dal vivo. 

Nato da una collaborazione tra Compagnia della Quarta, Kilowatt, Cro.me e COORPI, ZED trasforma le Serre in un palcoscenico, dove la danza si reinventa attraverso corti VR a 360°, performance in realtà aumentata e talk con artisti contemporanei. Dal 2 al 6 luglio 2025, lo spazio delle Serre diventa un laboratorio immersivo dove natura, tecnologia e corpo si intrecciano. Un’occasione per riflettere su come cambia la danza nel mondo digitale e su come possiamo continuare a viverla, anche fuori dai teatri tradizionali.

Abbiamo raggiunto Lorenzo Burlando di Kilowatt per un approfondimento sulla programmazione de Le Serre d’Estate, e Mario Coccetti per scoprire insieme i dettagli di questa edizione di ZED.

 

Lorenzo Burlando, quest’anno ci sono molte novità nella programmazione delle Serre d'Estate. Qual è il filo rosso che lega le proposte?

Serre d’Estate da qualche anno ha deciso di abbandonare l’idea di una programmazione tematica strutturata o degli schemi periodici a favore di una programmazione più libera e destrutturata, aprendoci a nuove collaborazioni. Se dieci anni fa le Serre erano uno dei principali spazi culturali immersi nel verde ora si sono centuplicate le possibilità di usufruire di una programmazione gratuita all’aperto, nel verde e fuori dal centro. Questo se da un lato può essere visto come una cosa positiva dall’altra ha avuto l’effetto di polverizzare il pubblico portando a interrogarci sul tipo di offerta che vogliamo dare alla città. La risposta è stata quella di fare meno e condividere di più, attivando nuove partnership con persone e realtà che stimiamo per provare insieme a costruire qualcosa di diverso con l’obiettivo di intercettare un nuovo pubblico.

 

Tra le novità di questa nuova edizione, Volo Vivace un nuovo format ideato e curato da No Glucose Collective. Come nasce il progetto e qual è l’obiettivo?

In questo caso l’idea e l’obiettivo della rassegna era provare a portare progetti artistici internazionali alle Serre e per farlo ci siamo affidati a un collettivo che lavora da anni a Bologna e che porta avanti una propria ricerca su nuovi immaginari sonori proponendo progetti artistici originali che abitano le soglie tra generi e linguaggi. Il format è composto da quattro appuntamenti fino a settembre che alternano sul palco ospiti internazionali accompagnati da artisti italiani con base a Bologna e che vede il prossimo appuntamento il 17 luglio con Pavel Milyakov (anche noto come Buttechno) e Valerio Maiolo.

 

Non manca anche uno spazio per la letteratura. 

Torna per il terzo anno consecutivo Serrenove il ciclo di incontri su genere, sessualità e cultura delle differenze che curiamo insieme alla casa editrice Settenove. Il primo appuntamento si terrà il 29 giugno sul tema Corpi, maschilità e varietà con Cristina Portolano, Sandro Casanova, Serena Neri e Silvia Demozzi: una riflessione a più voci su come guardiamo, educhiamo, abitiamo i corpi, soprattutto quelli maschili, per esplorare le dimensioni di accettazione, consenso e diversità. Gli altri appuntamenti della rassegna sono anche parte del programma Aspettando Maschile Plurale Fest, seconda edizione del festival su questioni di genere e nuovi modelli di maschilità.

Spazio anche alla letteratura per l’infanzia: fino al 30 luglio ogni mercoledì dalle 18 alle 19 ripartono gli appuntamenti con I racconti del Leone, gli incontri di promozione alla lettura di albi illustrati. A cura di Terra, il servizio educativo sperimentale 0-6 anni di Kilowatt alle Serre dei Giardini.

 

Il cinema è da sempre al centro della vostra programmazione, arricchendo l’offerta già presente in città con un cinema più sperimentale e indipendente. Quest’anno, con la rassegna SEMI, avete deciso di concentrarvi sugli esordi cinematografici. Cosa vi ha spinto a dare spazio a queste nuove voci?

La programmazione con MUBI ormai da tre anni ha portato una ventata di novità con tanti registi e opere prime e un cinema internazionale che arriva a Bologna ma che è un unicum anche in Italia. La programmazione vuole soprattutto dare spazio alle opere prime e seconde, quindi alle novità e alle nuove generazioni di filmmaker che più di altri hanno bisogno di aiuto per incontrare il pubblico. Molti gli ospiti confermati che verranno alle Serre per presentare i loro film da Alessio Rigo de Righi, Matteo Zoppis, Ciro de Caro, Giovanni Tortorici fino ai giovanissimi esordienti autori dei cinque cortometraggi finalisti del David di Donatello. La rassegna, composta da 10 appuntamenti, avrà quest’anno anche una grande novità con Semi Film Club: un progetto parallelo nato in collaborazione con il Dams, che vede il  coinvolgimento di un gruppo di giovani studenti nella programmazione e nell’ideazione di eventi e contenuti speciali.

 

In che modo si inserisce ZED Festival all’interno della vostra programmazione? 

Le Serre hanno da sempre cercato di differenziare la proposta cinematografica già ampiamente presente in città grazie al grande lavoro di Cineteca e I Wonder puntando su un cinema minore, più sperimentale e meno conosciuto. Nel tempo abbiamo dato vita a tante rassegne spaziando dal cinema d’animazione con Tecnica Mista, alle sonorizzazioni live con Home Movies, al cinema di architettura con Architexture fino ad arrivare alla video danza con ZED Festival. La cosa che ho sempre trovato originale nella proposta di ZED è quella non solo di proporre un linguaggio ibrido ma di farlo con diversi formati e dispositivi non solo quindi la classica proiezione su grande schermo ma anche visori per proiezioni a 360, esperienze immersive e realtà aumentata.

 

Mario Coccetti, la settima edizione di ZED Festival torna ad indagare i multi universi della videodanza, della videoinstallazione e della danza XR, come nasce la collaborazione con Serra Madre?

Sono già passati cinque anni dalla prima collaborazione tra ZED Festival e Le Serre dei Giardini Margherita e da subito, abbiamo capito che i due mondi, all’apparenza molto distanti, avevano la capacità di dialogare e di vivere insieme. Abbiamo sempre considerato lo spazio de Le Serre non come un semplice luogo che ospita parte del festival, ma uno spazio sinergico che si relaziona e si integra perfettamente con le opere artistiche digitali programmate nel festival. Ne sono prova i principali appuntamenti: nell’opera in realtà mista Spiritus Mundi di Gwendaline Bachini (Francia) ci troviamo in un giardino/universo in cui lo spettatore, dotato di visore VR, è invitato ad interagire con l’opera per ripristinare e preservare il respiro del mondo. Nella città immaginaria di Citizens di Ariella Vidach (Italia) che sorge all’interno di un corpo, gli avatar degli spettatori possono interagire tra loro e con tutti gli spazi dell’installazione immersiva generando una comunità che vive in stretta connessione, infine Fake Freedom, l’esperienza in realtà virtuale di Jemima Cano (Spagna), ci spinge a riflettere sulla relazione tra input tecnologici e spiritualità della natura. Partendo da questi temi è stato semplice quindi trovare un sodalizio con Serra Madre poiché l’ambiente e la natura rimangono al centro del dialogo tra arte e scienza.

 

Il corpo nella danza ha sempre dialogato con lo spazio: come cambia questo rapporto quando lo spazio diventa virtuale o aumentato e quali sono i temi potenti e necessari che portate al festival?

Anche ZED Festival non si affida ad un unico tema nella programmazione, ma esplora emotivamente gli immensi universi narrativi che la danza digitale offre. Poiché la tecnologia immersiva soffre del pregiudizio di essere fredda e distaccata, è  proprio l’emozione che l’opera riesce a suscitare nello spettatore il nostro parametro di riferimento per la scelta della programmazione, questo processo fa sì che le esperienze XR, i film a 360° e le proiezioni cinematografiche entrino empaticamente in relazione con lo spettatore per raccontare trame e storie molto diverse tra loro: in Wave di Bart Hess e Sedrig Verwoert (ND) ad esempio, il corpo di un danzatore viene manipolato nel tempo subendo una metamorfosi che evoca euforia o sorpresa, in 6 degrees di Jamie Lee e Stanislav Dobák (BE) la Terra è irreparabilmente danneggiata dalla crisi climatica ma in questa esistenza desolante rimane un barlume di speranza, in Bodies of Water di Chélanie Beaudin-Quintin e Caroline Laurin-Beaucage (CAN) i corpi trasgrediscono i limiti del loro ambiente naturale e si cimentano in una danza contemporanea che li rivela in modo diverso, mentre in Latte + (opera live) di Balletto di Sardegna | Salvatore Sciancalepore collettivo S Dance Company, si ispira ad Arancia Meccanica per narrare una spirale di bullismo, emarginazione e identità negate che ci mette di fronte ad una violenza ormai normalizzata. In questi universi digitali il tempo e lo spazio entrano in gioco come elementi narrativi e creativi che distorcono, controllano, destabilizzano e mutano il reale facendone perdere il significato canonico. Nella realtà virtuale le coordinate di tempo e spazio non vengono più considerate come limiti creativi ma vengono rielaborate in una visione più ampia e creativa per guidare lo spettatore in esperienze in cui il confine tra vedere ed essere visti è sempre più labile.

 

Avete in programma un grande evento inaugurale. Cosa dobbiamo aspettarci? 

Per la prima volta, abbiamo deciso di organizzare una giornata inaugurale, il 2 luglio, che sia anche un momento privilegiato e strutturato di aggregazione e confronto con artisti, pubblico e operatori; si spazierà tra performance live site specific, l’anteprima del programma di esperienze XR e un grande film di inaugurazione, ma la novità di quest’anno, a cui teniamo particolarmente è l’incontro con gli artisti, un unico momento esteso di confronto col pubblico: Tommy Pascal, regista del film di apertura “Seasons of Dance”, Gwendaline Bachini, autrice dell’esperienza XR “Spiritus Mundi” e Claudio Prati, autore dell’esperienza VR “Citizens”. La presenza del mezzo tecnologico e l’assenza del corpo danzante potrebbe far pensare ad una distanza emotiva incolmabile per il pubblico; noi sappiamo che non è così e le reazioni alla fruizione ce lo conferma, ma se è l’artista stesso a mostrarsi e raccontare sé e il processo creativo, qualsiasi esperienza artistica ne esce arricchita e noi in particolare possiamo accrescere nel pubblico la consapevolezza verso il tipo di esperienza che proponiamo.

 

La giornata conclusiva del festival vedrà la proiezione di Landed, un viaggio poetico attraverso paesaggi plasmati dal cambiamento, in cui il corpo diventa un veicolo di memoria e una bussola di rinnovamento. Cosa rende questo progetto così speciale?

La forza artistica del progetto è nell’interazione tra la regia di Marlene Millar e la coreografia sonore di Sandy Silva; la loro collaborazione lunga ormai quindici anni ha prodotto una ricerca artistica unica dove macchina da presa, voce, movimento e suono restituiscono sullo schermo la forza lirica del viaggio, inteso come movimento dell’anima, come migrazione del corpo dentro il paesaggio. Grazie alla loro presenza organizziamo un workshop che darà vita ad una parata aperta alla cittadinanza, che riproporrà alcune coreografie del film e che si snoderà all’interno dei Giardini Margherita con destinazione Le Serre; un modo per sentire sul proprio corpo i temi e il linguaggio del loro progetto, per capire davvero in cosa consiste la loro poetica nella pratica e come il nostro corpo può muoversi in un paesaggio che è parte stessa di noi, trasformandoli entrambi.

 

Accanto alle attività immersive alle Serre, il concorso all’Odeon rappresenta uno dei momenti centrali di ZED Festival: una selezione internazionale di videodanza e dance film che trasforma il Cinema Odeon in palco per l’innovazione coreografica e visiva. Come nasce la selezione delle opere in concorso e cosa vi ha colpito di più nei film che avete selezionato?

Il concorso internazionale dedicato a cortometraggi di danza, giunto alla quinta edizione, propone 16 film, selezionati tra circa 300 proposte da tutto il mondo; da sottolineare anche che la metà dei film sia di autrici donne e 4 di artisti con meno di 28 anni, tenendo conto che la selezione non è stata guidata in questo senso, ma da criteri che guardano sempre di più all’aspetto cinematografico e narrativo affidato al corpo: la scrittura, l’efficacia narrativa, la forza visiva, l’uso del mezzo tecnico, la creatività espressiva e quest’anno anche la capacità di toccare con sguardo originale temi civili che è impossibile ignorare, oggi, e che abbiamo trovato con sempre maggior urgenza negli artisti. Crediamo nella capacità che una narrazione emotiva come quella del corpo può avere nel risvegliare il nostro sguardo sul mondo, che la comunicazione tradizionale sta, delle due, assopendo.

Portare la videodanza sugli schermi cinematografici tradizionali è per noi una doppia sfida esistenziale, specie in una città già ricca di cinema come Bologna: portare il pubblico in sala per una proposta non certo di massa e contemporaneamente dimostrare la validità e la forza del cinema di danza. 

Silvia Santachiara per Bologna Estate